Onorevoli Colleghi! - Come sappiamo, con la definizione e l'attuazione delle politiche di bilancio, le autorità pubbliche adottano specifiche decisioni che inevitabilmente influiscono sulla società e l'economia; conseguentemente, il bilancio non è uno strumento neutro, ma riflette di fatto la distribuzione di potere esistente nella società e la distribuzione del reddito che ne deriva. In questo senso è sempre più sentita la necessità di analizzare e di costruire bilanci attraverso una prospettiva di genere, con il fine ultimo di contribuire a realizzare concretamente la parità tra uomini e donne, le quali pur lavorando più ore degli uomini percepiscono mediamente un reddito più basso.
      Il gender budgeting, appunto il bilancio in ottica di genere - di cui si propone con questa proposta di legge l'istituzione presso la pubblica amministrazione - può essere identificato come un'applicazione del gender mainstreaming nella procedura di bilancio. Esso pone l'accento sull'analisi dell'impatto delle politiche pubbliche sulle donne e sugli uomini, inserisce la prospettiva di genere a tutti i livelli del processo di costruzione dei bilanci pubblici e mira a ristrutturare le

 

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entrate e le uscite al fine di promuovere l'uguaglianza tra i sessi.
      Ricordiamo che per gender mainstreaming si intende una strategia di politica della parità sperimentata a livello internazionale. Contrariamente a quanto accade con la semplice promozione della donna, in questo caso si tratta di un approccio globale, avente come obiettivo quello di integrare alcuni aspetti inerenti la parità in modo durevole e generale a tutti i livelli organizzativi. Grazie a questa strategia, sia le donne che gli uomini dovrebbero beneficiare, in uguale misura, di ogni progetto e di ogni provvedimento realizzato in seno all'amministrazione pubblica.
      Il concetto e il metodo del bilancio di genere si sono diffusi dopo la Quarta Conferenza mondiale sulle donne organizzata dalle Nazioni Unite, che ebbe luogo a Pechino nel 1995, durante i cui lavori venne fatto spesso riferimento al «gender sensitive budget», e fu sostenuta la necessità di una strategia di gender mainstreaming in tutte le politiche al fine di perseguire la parità tra uomini e donne, indicando alcuni obiettivi strategici per i governi, tra i quali:

          a) ristrutturare e ridefinire la spesa pubblica per promuovere le opportunità economiche delle donne e il loro accesso alle risorse produttive;

          b) promuovere ai vari livelli processi di bilancio più trasparenti e adeguati che integrino la prospettiva di genere nelle programmazioni e nelle politiche di bilancio e il finanziamento di programmi per le pari opportunità tra uomini e donne.

      Ricordiamo peraltro che l'Unione europea, proprio a seguito della Quarta Conferenza mondiale sulle donne di Pechino del 1995, ha introdotto il bilancio di genere tra gli strumenti politici di realizzazione delle pari opportunità con la risoluzione del Parlamento europeo (2003)0323 del 3 luglio 2003, invitando gli Stati membri a utilizzare tale strumento.
      Nel definire le politiche di entrate e di uscite, le autorità pubbliche di bilancio, a ogni livello, effettuano delle scelte politiche. Il bilancio non è un semplice strumento economico, bensì uno strumento chiave con il quale l'autorità politica definisce il modello di sviluppo socio-economico e i criteri di redistribuzione all'interno della società, decide le priorità di intervento rispetto alle politiche e ai bisogni dei propri cittadini, producendo effetti differenti a seconda che siano uomini o donne.
      Non si tratta di produrre bilanci separati per uomini e donne, ma di assicurare una distribuzione delle risorse equa ed efficiente.
      In sostanza fare un bilancio di genere significa essere in grado di verificare l'efficienza e l'efficacia delle spese di bilancio rispetto agli obiettivi previsti, e in particolare riguardo alla distribuzione di risorse e di servizi destinati a uomini e donne. È necessario verificare se i bisogni delle donne vengono affrontati e risolti dagli interventi di spesa pubblica, se i servizi offerti sono adeguati e se le asimmetrie di genere sono positivamente affrontate. La spesa pubblica è efficiente, oltre che equa, quando è in grado di promuovere lo sviluppo e sfruttare tutte le potenzialità di tutte le componenti della società.
      Per esempio, se un'autorità locale deve variare un tipo di imposta, l'effetto di questo taglio o aumento influisce da un punto di vista di genere? Qual è il vero margine di manovra di un'autorità locale per variare il suo bilancio?
      Uno dei passaggi chiave è quello di capire come giudicare un bilancio: non una politica ma un insieme di politiche. È importante analizzare alcuni dati, dall'occupazione femminile al tasso di natalità, dalla qualità della vita alle politiche di conciliazione svolte, l'efficienza dei trasporti o la sicurezza sociale, ma soprattutto i servizi all'infanzia e alle famiglie.
      Appare opportuno considerare il legame tra il bilancio di genere e il bilancio sociale, entrambi infatti si configurano come procedure attraverso le quali leggere in modo diverso e innovativo non solo i documenti di bilancio di un ente pubblico,

 

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ma anche la corrispondenza tra i servizi erogati e la domanda degli/delle utenti. Il bilancio di genere può dunque essere considerato parte qualificante del bilancio sociale e del bilancio di mandato, poiché in tale senso si configura come azione di miglioramento e di trasparenza del bilancio dell'ente pubblico.
      L'analisi dell'impatto differenziale che decisioni politiche possono avere sulle donne e sugli uomini viene spesso percepita come un appesantimento inutile del processo decisionale, perché non si intuiscono le potenzialità di questo nuovo approccio: un miglioramento della trasparenza, della qualità e dell'efficacia delle politiche. L'introduzione della prospettiva di genere nei bilanci pubblici racchiude in sé questa potenzialità.
      L'introduzione della contabilità sociale in ambito pubblico corrisponde a questa considerazione: un'azione amministrativa, un investimento, un fenomeno sociale non possono essere misurati soltanto finanziariamente; è necessaria un'altra metrica, appunto di tipo sociale.
      I budget formulati in una prospettiva di genere servono quindi non a mappare una posizione di margine di un soggetto sociale svantaggiato, quanto a riposizionarlo in modo paritario nel quadro delle negoziazioni sociali.
      La costruzione del bilancio sociale in ambito pubblico avviene secondo tre particolari ambiti di rendicontazione e di verifica:

          1) verifica di coerenza, misurata rispetto agli assunti valoriali di partenza e agli indirizzi politici;

          2) verifica di efficacia, connessa con l'analisi e con la misurazione dei progressi in fatto di qualità dei servizi e con il raggiungimento di più complessi obiettivi di benessere sociale;

          3) verifica di efficienza, in gran parte connessa con la capacità di realizzare con il minimo costo le funzioni di erogazione dei servizi, facendo in maniera che sia salvaguardato il principio di equità.

      I bilanci che rendicontano la distribuzione delle risorse finanziarie rispondono sempre a una visione del sistema economico e sociale. L'assetto dei bilanci attuali si struttura su di una contabilità macroeconomica di tipo keynesiano, basata sui concetti di reddito, consumi e investimenti di merci e di fattori scambiati sul mercato, ed esplicitamente esclude gli scambi di beni e di servizi che hanno luogo nel nucleo domestico. Questa pregiudiziale monetaria porta in sé alcune distorsioni metodologiche (ad esempio una enorme massa di lavoro non pagato delle donne) che impediscono di cogliere appieno il contributo delle donne all'economia, coprono una enorme disparità nella distribuzione delle risorse e nella divisione dei lavori e delle responsabilità tra uomini e donne e, infine, nascondono alcuni elementi di fragilità strutturale del sistema economico nel suo complesso.
      Una riflessione sul senso e sull'impatto differenziato di entrate e di spese pubbliche su uomini e donne aiuta quindi a porre in una luce diversa la relazione tra fatti economici e dimensioni sociali, ed estende la definizione di economia fino a comprendere aspetti non monetari.
      Analizzare i bilanci pubblici in funzione del benessere, individuale e collettivo, di uomini e donne, non è un mero esercizio, poiché nella realtà il ruolo delle amministrazioni pubbliche è finalizzato proprio alla formazione delle condizioni di benessere sociale.
      In breve la formazione di bilanci pubblici di genere richiede metodiche e modelli relativi a tre ambiti teorico-metodologici:

          1) una nuova idea di assetto dei bilanci e di riclassificazione della spesa pubblica che superi quella strutturata su contabilità macroeconomiche di tipo keynesiano (basata sui concetti di reddito, consumi e investimenti) che evidenzi, descriva e valuti la diversa relazione tra fatti economici e dimensioni sociali, secondo l'approccio cosiddetto dello «sviluppo umano»;

          2) una particolare enfasi sulle tecniche e sulle modalità di partecipazione della società civile nel processo della costruzione degli obiettivi;

 

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          3) un approccio «accountability», ovvero la creazione di un processo di definizione di obiettivi, indicatori e parametri di controllo che non solo descrivano le azioni, ma che spieghino (o tentino di farlo) anche gli esiti di un impegno di politica diretta o indiretta dell'amministrazione pubblica.

      Considerati gli studi e le ricerche che si stanno realizzando da vari anni a tutti i livelli e il successo di alcune esperienze pilota sui bilanci di genere, anche integrate con i bilanci sociali, che si stanno avviando in alcuni comuni e province d'Italia, poniamo alla vostra attenzione questa proposta di legge che è così articolata:

          l'articolo 1 definisce il bilancio di genere e ne indica le finalità;

          l'articolo 2 dispone che la pubblica amministrazione adegui progressivamente i propri bilanci secondo un'ottica di genere, prevedendo opportuni corsi di formazione per il personale incaricato di attuare detti bilanci;

          l'articolo 3 prevede l'emanazione di un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze che predisponga le norme e le metodologie utili per la progettazione e la realizzazione del bilancio pubblico di genere;

          gli articoli 4, 5 e 6, infine, prevedono il coinvolgimento della Corte dei conti per il controllo e la corretta applicazione della legge da parte della pubblica amministrazione. Sempre presso la Corte dei conti, ai sensi dell'articolo 4, è istituito un Osservatorio banca-dati sui bilanci di genere delle pubbliche amministrazioni, dal quale possono attingere dati e informazioni le consigliere di parità e le amministrazioni interessate (a tale proposito è da evidenziare che per effetto della vigente normativa i bilanci delle pubbliche amministrazioni già pervengono alla Corte dei conti, in particolare alle sezioni regionali di controllo).

      È infine previsto che le pubbliche amministrazioni che non provvedono agli adempimenti previsti e la cui violazione sia stata accertata in sede giurisdizionale, non possono assumere nuovo personale, compreso quello appartenente alle categorie protette.
      Vale la pena ricordare come l'articolo 7, comma 5, del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 196, nell'intento di dare effettività alla previsione di cui all'articolo 2, comma 6, della legge 10 aprile 1991, n. 125 (abrogato dallo stesso decreto legislativo), già prevede che le pubbliche amministrazioni predispongano piani triennali di azioni positive tendenti ad assicurare la realizzazione delle pari opportunità di lavoro e nel lavoro tra uomini e donne; la prima scadenza prevista per la presentazione dei predetti piani era il 30 giugno 2001. In caso di mancato adempimento della predisposizione dei piani (riscontrabile ad esempio dalle consigliere di parità nella loro qualità di pubblici ufficiali verificatori dell'attuazione concreta dei piani) la sanzione da applicare è quella prevista dall'articolo 6, comma 6, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, che testualmente recita: «Le amministrazioni pubbliche che non provvedono agli adempimenti di cui al presente articolo non possono assumere nuovo personale, compreso quello appartenente alle categorie protette». Tuttavia non risulta individuato il soggetto deputato al controllo dell'adempimento e dell'applicazione della sanzione prevista dall'articolo 6, comma 6, del citato decreto legislativo n. 165 del 2001.
      Trattandosi di verificare l'attuazione di un obbligo amministrativo (la predisposizione dei piani triennali) e in caso di mancato adempimento di valutare - con implicazioni di carattere giudiziale - la comminabilità della sanzione, pare evidente che la Corte dei conti possa giustificatamente proporsi quale soggetto deputato al controllo e all'applicazione della sanzione, in particolare nelle sue articolazioni territoriali (sezioni regionali di controllo).

 

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